L’utopia realizzata di Adriano Olivetti

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Autore: Paolo Lucchetta
Pubblicato in VeneziaNews – n.154, aprile 2012
Lingua: italiano

Lo sguardo rivolto al futuro e la rivoluzione silenziosa del progresso tecnologico

Per comprendere il clima in cui si realizza il negozio Olivetti di Carlo Scarpa è necessario ripercorrere qualche tappa della nostra storia recente. Sembra passato un secolo ed invece ne è trascorsa soltanto la metà dalla vicenda di Adriano Olivetti, scomparso il 27 febbraio del 1960, sconosciuta alla stragrande maggioranza del pubblico giovane, ma persistente nella memoria di tutti coloro che, ai tempi, masticavano quotidianamente la parola “innovazione”: una stagione della cultura italiana che oggi sentiamo come mitica ancorché per molti quasi inesorabilmente perduta. Erano gli anni del Premio Compasso d’Oro, istituito nel 1954 da un’idea di Giò Ponti e sostenuto dai grandi magazzini La Rinascente allo scopo di promuovere e valorizzare la qualità deo prodotti del design italiano allora ai suoi albori, in anni in cui commercio e cultura sembravano poter esprimere visioni comuni. E sembra incredibile immaginare oggi, pensando a un paese che stenta, cellulari a parte, a sviluppare il suo rapporto con le tecnologie, come proprio in quegli anni l’Italia abbia potuto generare un’azienda, la Olivetti, leader nell’innovazione tecnologica e capace di realizzare prodotti a dir poco avveniristici.

Il percorso di Adriano Olivetti si articola da un lato con una nuova visione del lavoro, fatta propria a seguito di un lungo soggiorno negli Stati Uniti, nella quale gli operai e i dipendenti sono parte integrante dell’azienda e dd processo produttivo e vanno quindi messi nelle condizioni di svolgere le proprie mansioni nel miglior ambiente possibile, dall’altro lato con il convinto impegno per la valorizzazione dei settori di ricerca e sviluppo quali perni attorno ai quali far prosperare la propria azienda.
L’Olivetti diventa la prima impresa a praticare una politica attenta ai valori del territorio e a porre attenzione a tutti quei dettagli che oggi sono sono dati per scontati nelle aziende 2.0. come il rapporto tra funzionalità architettonica ed estetica relazionale, l’attenzione all’ambiente e l’importanza di un luogo di lavoro sano e capace di favorire la produttività. I prodotti Olivetti degli anni ’5O e ’60, in particolare le macchine per scrivere e le calcolatrici, rappresentano per il mondo dell’allora nascente information technology, quello che Apple, Microsoft e Google sono per il mondo 2.0: oggetti di culto, caratterizzati da una particolare attenzione al design e a una funzionalità e affidabilità eccellenti, basti citare le macchine per scrivere Lexikon 80 e Lettera 22 e la calcolatrice Divisumma 24.

La frase, infatti, che meglio inquadra il personaggio Adriano Olivetti è quella in cui egli afferma: «È vero,non siamo immortali, ma a me pare sempre di avere davanti un tempo infinito. Forse perché non penso mai al passato, perché non c’è passato in me». Il negozio di San Marco viene commissionato negli anni Cinquanta da Adriano Olivetti all’interno di un piano strategico aziendale di una modernità assoluta: l’imprenditore aveva capito, infatti, come negli anni della ricostruzione, del boom economico e dell’esplosione del design, non bastasse semplicemente produrre oggetti di design, ma fosse necessario all’interno di questa strategia organica studiare anche il contesto della vendita degli oggetti, creando intorno a questi una sorta di ‘aura estetica’. Un grande esploratore e precursore di ambiti di ricerca progettuale di totale attualità.

Olivetti dà il via quindi a una strategia di negozi che oggi definiremmo una rete di flagship store, avviando una collaborazione molto importante con artisti e architetti.
All’interno di questa scelta si inserisce il negozio di Carlo Scarpa in una città sede come Venezia, scelta che non avrebbe potuto essere più globale dal punto di vista storico, turistico e commerciale. Olivetti si rivolge a un architetto che fino a quegli anni non rientrava nel giro delle sue frequentazioni abituali (Figini e Pollini,lo studio BBPR) e che non aveva raggiunto ancora la fama che oggi gli tributiamo, ma del quale l’industriale intuisce già l’indubitabile talento. E Scarpa lo ripagherà travasando tutta la sua esperienza come allestitore di mostre d’arte e ideatore di immagini museali di grande rilevanza all’interno di uno spazio come quello di un negozio di prodotti industriali.

Dicono che Adriano Olivetti fosse un uomo affettuoso, goffo, timido, ma allo stesso tempo un industriale di grande abilità e di grande passione politica con un carico di utopia simile e profondamente diversa da quella del suo tempo che lo portava a formulare domande, oggi estremamente attuali, ma ancora rimaste inevase: «Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è, al di là del ritmo apparente, qualcosa dì più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?». Oggi la Olivetti non esiste più (o meglio, dopo numerose vicissitudini, si è trasformata in Telecom Italia), ma la sua eredità, tra cui spicca la vicenda del negozio di Carlo Scarpa, vive in tutte le persone che ritengono che il progresso, le visioni, le idee e l’innovazione siano strumenti per cambiare e migliorare la vita delle persone, una sorta di quiet revolution sulla quale continuare a confrontarsi. Enjoy yourself!

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