Autore: Paolo Lucchetta
Lingua: italiano/inglese
Nel corso degli ultimi anni, il territorio disciplinare tra lʼArchitettura e il Design, quello dellʼArchitettura degli Interni, ha rivestito un ruolo sempre più importante nella rigenerazione degli ambienti costruiti individuali e collettivi. Lo spazio interno è “sostanza costruita” e relazionarsi con esso significa non più relazionarsi con un vuoto, ma diventare parte di un corpo complesso.
L’Architettura degli Interni è in grado di attivare gli spazi pubblici e privati della città contemporanea: è lo strumento che permette di dare anima e significato ai luoghi sia fisici che mentali, all’interno dei quali si definisce la qualità della vita delle persone. Così come è fondamentale la definizione della valutazione dei criteri di qualità, siano essi il clima, la qualità dell’Architettura, i trasporti pubblici, la tolleranza, la sicurezza, le questioni ambientali, la tutela del paesaggio, la connettività internazionale, il Design urbano, le condizioni di sviluppo delle imprese, l’accesso ai beni e servizi, la cultura, l’istruzione.¹
“Il ruolo crescente dei rapporti stradali, ferroviari ed aerei sconvolge la concezione dell’urbanistica e della città, la cui importanza si misura sulla base di come essa assicura l’accesso rapido ai mezzi di circolazione e le loro interconnessioni. Il ruolo crescente dei mezzi di comunicazione, la televisione, internet, permette, inoltre, l’irruzione della vita pubblica, allargata a dimensione planetaria, nel cuore dello spazio domestico. Si possono concepire questi cambiamenti come segni di un nuovo mondo in gestazione, di un mondo, per la prima volta nella storia dell’umanità, estendibile simultaneamente contemporaneamente a tutto il pianeta”.²
“Ci si rende pertanto conto che delle nuove sfide sono poste agli Urbanisti e agli Architetti. Gli spazi pubblici più frequentati, dove si realizza, in modo spesso selvaggio, l’apprendimento della vita sociale, sono sempre di più gli spazi della circolazione del consumo, delle stazioni di ogni tipo fino agli ipermercati. È d’obbligo che, in questi spazi, la cura del legame sociale e la cura dell’estetica convergano, che apprendimento del sociale e quello del bello si realizzino simultaneamente; in questo consiste il minimo di educazione pubblica al quale qualsiasi regime politico in ogni epoca ha provveduto innalzando templi, cattedrali o castelli. Nel nostro lento cammino verso ciò che somiglierà un giorno ad una società globale, non perdiamo di vista l’estetica dei centri commerciali e degli aeroporti, degli stadi e delle autostrade, dei viadotti e dei grattacieli destinati ad uffici: la vita civile di domani ne dipende per una parte essenziale”.²
“Lo Shopping è senza dubbio l’ultima forma rimasta di attività pubblica. Attraverso una serie di forme predatorie crescenti, lo Shopping ha infiltrato, colonizzato e anche rimpiazzato, quasi ogni aspetto della vita urbana. Centri città, sobborghi, strade, ed ora aeroporti, stazioni, musei, ospedali, scuole, internet e gli spazi militari sono plasmati dai meccanismi e dagli spazi dello Shopping.
La voracità con la quale lo shopping persegue lo spazio pubblico, l’ha, in effetti resa una delle principali, se non l’unica, modalità con la quale noi sperimentiamo la città. Questo Master esplora gli spazi, le persone, le tecniche, le ideologie e le invenzioni con le quali lo Shopping ha così drammaticamente ridefinito la città. Forse l’inizio del XXI secolo sarà ricordato come il punto nel quale la città non potrà più essere compresa senza lo Shopping”.³
“Esiste in Italia, un grande, infinito mondo parallelo a quello del Design istituzionale, un Design invisibile non ortodosso, i cui autori produttori e prodotti sono di notevole importanza sociale ed antropologica e forse più legati alla gente in maniera più profonda di quanto avvenga con il Design definito. Prodotti utili o anche inutili. Attraversando tutto il mondo delle merci e tutte le anime delle cose comuni, dal povero al lussuoso, questo insieme capillare di oggetti è intimamente legato alla vita (reale, normale, affettiva) della gente, coniugandone sia la banalità sia l’espressione e la religiosità.
Esso agisce nel ventaglio di tutti i bisogni, desideri ed ipotesi di vita, e di cambiamento della vita. Un’idea di cambiamento che arriva dalla folla, attraverso il bisogno di magia.
Lo scenario teorico, tecnico e artigianale, nel quale questa rete agisce, presenta modelli di trasformazione dei metodi e innovazioni del prodotto molto sensibili al radicale modo di ripensare gli oggetti ed il loro mercato. Si tratta di variazioni epocali dovute alle varie violenze e crisi, compresa quella dei valori, quando tutti devono rivedere il loro collocamento nella società e rielaborare i loro feticci.
Si ipotizza che proprio da questa nebulosa produttiva, agendo dalla tradizione alla novità, possa emergere una proposta più dilatata e diversa, sia nell’immagine, sia nell’etica, sia nelle sensibilità d’uso dei comportamenti.
Un’ipotesi che sposta il punto di osservazione, che provoca squilibri, ma è molto fertile di emozione e spettacolarità.
Oggetti che respirano e che raccontano le nostre memorie, in una situazione sociale ed oggettuale.
Respirano per il loro progettista ed il loro industriale. Raccontano a colui che li adopera, anzi coincidono con chi li adopera. Noi stessi siamo le nostre cose. Noi siamo delle cose fra le cose. E allora, quali cose siamo?”⁴
Paolo Lucchetta
① Tyler Brûlé, The Monocle Guide to Better Living, Die Gestalten Verlag, 2013.
② Marc Augé, Estia ed Ermes, Domus 900.
③ Rem Koolhaas in Francesco Dal Co, Rem Koolhaas, Elisabetta Molteni, Il Fondaco dei Tedeschi, Venezia, OMA. Il restauro e il riuso di un monumento veneziano, Mondadori Electa, 2016.
④ Alessandro Mendini, Quali cose siamo, Triennale, Milano.